SCATTA L'OBBLIGO DEL DEFIBRILLATORE IN CAMPO
13.07.2016
di: Tuttocampo
Dal 20 luglio entrerà in vigore il decreto Balduzzi e salvo nuove proroghe scatterà l'obbligo per le società e le associazioni sportive del defibrillatore. Un passo in più per la sicurezza degli atleti, ma anche una nuova stangata per le società in questo periodo di crisi (nella foto la tragica scomparsa ormai 4 anni del calciatore professionista Morosini, caso che ha scosso tutta l'opinione pubblica).
L’obbligo riguarda le Associazioni sportive dilettantistiche (Asd) o le Ssd (Società Sportive Dilettantistiche) che dovranno quindi essere fornite di defibrillatore durante lo svolgimento dell’attività sportiva, sia in allenamento che nelle competizioni ufficiali. L’onere della dotazione del defibrillatore semiautomatico e della sua manutenzione sarà a carico della società come la spesa per l'acquisizioni degli attestati di BLSD per il personale.
Le società che operano in uno stesso impianto sportivo potranno però consorziarsi o demandare l’onere della dotazione e della manutenzione del defibrillatore semiautomatico al gestore dell’impianto attraverso un accordo che definisca anche le responsabilità in ordine all’uso e alla gestione.
Allenamenti non proporzionati all’età, assenza di personale sanitario a bordo campo: lo sport più popolare d’Italia così può diventare un pericolo per i ragazzini. Mamme e papà hanno deciso di dettare le loro regole.
E chiedono l’aiuto di tutti, per farsi valere.
Si ringrazia il Comitato Nazionale Genitori per l’autorizzazione alla pubblicazione
COMITATO NAZIONALE GENITORI
CHI SIAMO:
1.433.840 madri di giocatori tesserati FIGC.
Un bel numero! Ancora più bello se aggiungiamo anche i papà.
COSA CHIEDIAMO:
equiparazione di diritti tra calcio degli adulti e calcio giovanile.
COSA VOGLIAMO E PERCHÉ:
che anche nelle partite del settore giovanile dilettantistico sia assicurata la presenza di un medico durante le partite, perché la salute dei nostri ragazzi viene prima di ogni esigenza tecnico-societaria, di spettacolo e di business. QUINDI DICIAMO BASTA a partite a rischio che non prevedono una dovuta assistenza medica solo per il fatto che si tratta di un settore dilettantistico e all’essere considerati da tutti un enorme serbatoio al quale attingere senza scrupoli: i nostri ragazzi sono degli individui.
COSA PENSIAMO:
che la FIGC porta avanti inconsapevolmente una politica di disuguaglianza di diritto alla vita tra giocatori di serie A e non che la FIGC crea inconsapevolmente questo meccanismo di disparità, forse perché ritiene che questo non sia uno sport dove possano avvenire incidente in campo che in un mondo, quello del calcio, che gronda di denaro, le società dilettantistiche vengono lasciate in difficoltà economica rispetto al problema sicurezza
che se la FIGC non sa come risolvere il problema, possiamo aiutarla noi che di idee ne abbiamo tante, ad esempio:
CONSIDERARE I RAGAZZI COME DELLE PERSONE E NON COME DELLE MACCHINE PER PRODURRE DENARO
ATTRIBUIRE UNA “FETTINA” DEL DENARO, PROVENIENTE DA PUBBLICITÀ E DIRITTI TELEVISIVI, ALLE SOCIETÀ DILETTANTISTICHE IN MODO CHE POSSANO ATTREZZARE UNA INFERMERIA DEGNA DI QUESTO NOME
CHE OGNI SOCIETÀ DISPONGA DI UN MEDICO IN CAMPO, RECUPERANDOLO TRA I MEDICI DISOCCUPATI, PREVIA EVENTUALE CONVENZIONE CON L’ORDINE DEI MEDICI
CHE, QUALORA NON CI FOSSE UN NUMERO DI MEDICI SUFFICIENTE, SI POSSANO ORGANIZZARE CORSI DI “PRIMO INTERVENTO” PER ALLENATORI E DIRIGENTI (CHE SONO SEMPRE AL SEGUITO DELLA SQUADRA)
CENSIRE I GENITORI DEI RAGAZZI DI CIASCUNA SOCIETÀ SPORTIVA CHE SVOLGONO LA PROFESSIONE MEDICA O CHE SONO OPERATORI DEL 118, E CHIEDERE LORO DI PRESTARE SERVIZIO VOLONTARIO DURANTE LE PARTITE
CHIEDERE AI GENITORI DI CONTRIBUIRE ALLE SPESE NECESSARIE PER L’ASSISTENZA MEDICA (PER ESEMPIO CON UNA CIFRA DI 50 EURO L’ANNO A TESTA)
NATURALMENTE NON DEVONO MANCARE A BORDO CAMPO I MEZZI NECESSARI PER IL PRIMO INTERVENTO
Rivolgiamo il nostro appello a tutti coloro i quali ancora ritengono che il gioco del calcio sia semplicità e che la vita di un atleta abbia lo stesso valore sia esso un professionista o un dilettante.
Chiediamo ai calciatori professionisti (ed agli atleti tutti) di esprimersi su questo problema, visto che anche loro, prima di arrivare in “serie A” sono passati attraverso lo sport dilettantistico.
Chiediamo ai personaggi pubblici della politica, dell’arte, dello spettacolo, della moda, di aiutarci in questa battaglia di tutela dei diritti e del rispetto della vita dei ragazzi cha praticano lo sport.
Alcuni dei firmatari della petizione:
INVIATE QUI LA VOSTRA ADESIONE FIRMATA:
Comitato Nazionale Genitori – c/o Associazione Liberi – Corso di Porta Vittoria, 16 – 20100 Milano
.Ma non sempre il calcio “fa bene”
All’inizio è puro istinto: alla vista di una palla un bimbo, che ha imparato da poco a reggersi in piedi, prova a tirare qualche goffa pedata. Ma tra i sei e i dodici anni è un esercito a voler fare “sul serio”: centinaia di migliaia di ragazzini in età scolare sono iscritti a un corso di calcio e sognano di diventare campioni.
Ma non sempre il calcio “fa bene”. O meglio, non fa bene se non si rispettano alcune regole. Ecco perché alcuni genitori sono “scesi in campo”, proponendo una serie di proposte per tutelare i loro piccoli giocatori.
Che cosa succede, per esempio, se qualcuno, per uno spintone di troppo, si fa male, anche seriamente? Quando l’incidente avviene sul campo di calcio dove giocano i giovanissimi è raro trovare un’assistenza adeguata.
La denuncia arriva da un gruppo di genitori, che si sono riuniti in comitato per sollevare il problema della prevenzione e della tutela della salute dei propri figli sui campi di calcio.
Le prime iniziative sono state: una lettera di protesta indirizzata ad Adriano Galliani, presidente della Lega calcio e un appello
sottoscritto da personaggi come Candido Cannavò, già direttore della Gazzetta dello Sport e attuale responsabile del settore sportivo del gruppo Rcs Editori, da Don Gino Rigoldi, fondatore di Comunità Nuova, e da Beppe Baresi, responsabile del settore giovanile dell’Internazionale Football Club di Milano.
Attualmente è in corso una raccolta di firme per sostenere le iniziative del Comitato, ne sono state raccolte duemila, i genitori che intendono aderire possono rivolgersi direttamente al Comitato.
Ma la situazione è davvero preoccupante? “Noi chiediamo che al primo posto dell’interesse di allenatori e dirigenti ci sia la salute dei nostri figli” spiega Patrizia Cappelletti, fondatrice del Comitato Genitori. “Abbiamo scoperto una diffusa mancanza di mezzi e di personale adeguato che, nel caso di incidenti seri, può fare la differenza. A Cerro Maggiore (vicino a Milano), durante una partita di campionato regionale tra ragazzini, uno di loro ha battuto la testa. È rimasto svenuto per 20 minuti. Non c’era un medico in campo, ne un infermiere, ne una barella. I genitori angosciati hanno dovuto aspettare l’ambulanza. Per fortuna tutto è finito bene, ma bisogna fare di più a livello sia di prevenzione che di intervento”.
E i genitori hanno sollevato anche altri interrogativi: quando uno sport come il calcio viene praticato fin da bambini a livello agonistico, quali sono le conseguenze per l’organismo? Come si devono avvicinare i piccoli all’allenamento?
Cambiamenti
“Il tipo di gioco è molto cambiato rispetto ad alcuni anni fa” avverte Enrico Castellacci, presidente del Coordinamento Nazionale Medici del Calcio e direttore dell’Unità Operativa di Medicina e Traumatologia dello Sport a Lucca. “Ci si allena di più, si fanno molte partite, l’azione in campo è più veloce. Alcuni allenatori e dirigenti puntano al risultato, sono immersi in una cultura calcistica che seleziona il potenziale campione. Ma se l’allenamento troppo intenso può essere molto dannoso per un giocatore adulto, figuriamoci per un organismo in crescita”.
Rischi
“Una delle possibili conseguenze di uno sforzo fisico che non tiene conto delle tappe di crescita è l’alterazione dei nuclei di accrescimento” spiega Castellacci. “È una patologia frequente nei giovanissimi calciatori, soprattutto a livello della tibia: su questo nucleo si inserisce il tendine della rotula, quello che viene maggiormente stimolato durante il gioco. Strappi, torsioni, eccessive sollecitazioni possono indebolire questa struttura o causare tante microfratture. Lo stesso problema può colpire il calcagno”.
I campanelli d’allarme, per fortuna, non mancano. “Quando il bambino si lamenta per un dolore al ginocchio o al piede, nel 70-80% dei casi bisogna sospettare la sofferenza di un nucleo di accrescimento. Che fare? Un controllo dallo specialista e riposo” dice Castellacci.
Durante una partita di calcio tutto l’organismo è poi impegnato in uno sforzo notevole. Ma due organi sono in prima linea: cuore e polmoni, e per i bambini sono necessarie particolari precauzioni. “Intorno ai 7-8 anni possono esserci alterazioni del ritmo cardiaco che non danno sintomi (spiega Massimo Vercelloni, cardiologo e pneumologo all’ospedale Niguarda di Milano e docente di chirurgia toracica) oltre a difetti ad atri e ventricoli del cuore non rilevati; infine vasculopatie congenite e malformazioni. Questa situazione può rappresentare un pericolo se il bambino si avvicina all’agonismo senza essersi sottoposto a controlli mirati, in quanto il sistema cardiorespiratorio deve funzionare al meglio per irrorare bene i muscoli e scaricare l’acido lattico formatosi in seguito allo sforzo”.
Controlli
Quindi, non basta il certificato di sana e robusta costituzione rilasciato dal medico curante? «Fino ai dieci anni si è in regola con la legge producendo solo questo certificato, ma a mio avviso serve una maggiore prevenzione. Già un elettrocardiogramma basale darebbe molte informazioni; poi bisognerebbe fare la spirometria, che verifica se i polmoni funzionano bene: visita ed esami andrebbero ripetuti ogni anno perché alcuni disturbi possono non essere congeniti, ma subentrare durante la crescita”.
NORME DI PRUDENZA
Riscaldamento e pause di riposo
Si sa che il calcio è uno sport di “contatto”, e durante i frequenti scontri fisici può succedere di tutto. Spesso si sottovalutano microtraumi e incidenti, nella convinzione che i bambini siano avvantaggiati da una struttura scheletrica più “elastica”. Ecco le raccomandazioni degli esperti:
Gli esercizi di preriscaldamento sono indispensabili anche per i bambini. Stretching e piegamenti preparano la muscolatura all’attività sportiva.
Evitate di far giocare il bambino quando è affaticato o lamenta dolore. La maggior parte dei traumi si verifica alla fine di allenamenti e partite.
Fate giocare il bambino su un terreno morbido e asciutto: l’erba naturale è l’ideale, perché quella sintetica favorisce le scivolate. Il terreno duro rovina schiena e articolazioni, mentre un terreno fangoso o bagnato aumenta il rischio di distorsioni di caviglie e ginocchia.
Non risparmiate sull’acquisto delle scarpette: nel calcio molti traumi sono provocati dall’impatto del piede sul terreno.
GIUSTO IMPEGNO
Fino a quando deve essere solo gioco
DAI SEI AGLI OTTO ANNI:
Il calcio deve essere divertimento: basta un’ora a settimana
DAGLI OTTO AI DIECI ANNI:
L’allenamento deve rispettare i parametri di crescita dell’organismo del bambino, in particolare la capacità di coordinazione. Nessuna competizione, ma solo gioco. L’appuntamento con il campo non dovrebbe superare la frequenza di una – due volte a settimana.
DAI DIECI AI TREDICI ANNI:
Due allenamenti a settimana, non di più: vanno evitati eccessivi carichi agli apparati cardiaco e respiratorio, alle strutture muscolo – tendinee e scheletriche. Gli stress eccessivi, fisici ed emotivi, possono alterare gli equilibri ormonali.
I VANTAGGI
Si impara a “collaborare”
Ecco dieci buoni motivi per scegliere il calcio. Il calcio aiuta a:
Superare paure e timidezze.
Misurarsi con se stessi e i propri limiti
Lavorare in gruppo.
Gioire per le vittorie e sopportare la delusione della sconfitta.
Rispettare l’avversario.
Aumentare il livello di concentrazione
Comprendere il rispetto delle regole.
Avere una maggiore padronanza dei movimenti del corpo in rapporto allo spazio e ai tempi di azione.
Considerare l’attività fisica regolare come una buona abitudine da mantenere per tutta la vita.
Scaricare tensioni ed emotività.
Ecco le richieste di sicurezza
Presenza di un medico a bordo campo.
Acquisto di un defibrillatore. uno strumento che può salvare la vita in caso di arresto cardiaco (una eventualità purtroppo reale: durante i primi mesi del 2004 si è verificato un morto al mese tra ragazzini dai 13 ai 16 anni). In commercio queste macchine si trovano a prezzo non eccessivo (e possono essere usate anche da personale non medico).
Infermeria valida e funzionante: spesso il locale adibito allo scopo non è idoneo e non è attrezzato.
Corso di formazione di pronto soccorso obbligatorio per allenatori e dirigenti delle società.
Per dare la Vostra adesione al Comitato Nazionale Genitori Sport Giovani:
Commenti
Posta un commento